ROMAMANIA: DE ROSSI è GIà IN CRISI E LA SOCIETà DOV'è? LA PROFEZIA DI TOTTI RISCHIA DI AVVERARSI

Quattro partite. Zero vittorie, due gol segnati, prestazioni discontinue e deludenti, tanti presunti protagonisti sotto tono, un allenatore smarrito, una società che lo lascia solo. L’inizio di stagione della Roma ha tutti gli elementi dell’incubo, la peggiore partenza da 14 anni a questa parte e tutte le componenti sono chiamate ad assumersi le rispettive responsabilità.

Svanito il sogno europeo, lo scorso campionato era finito male e quello nuovo è cominciato peggio. In mezzo un’estate gestita senza una vera pianificazione dal club, con un responsabile dell’area tecnica arrivato dalla Francia in ritardo e senza la necessaria esperienza, un mercato pieno di spese ma pure di troppe incertezze e casi gestiti male (da Dybala a Zalewski), con alcuni ruoli rimasti colpevolmente scoperti: in rosa non c’è un terzino destro affidabile e non c’è una valida alternativa a Dobvyk. L’infortunio di Saelemaekers aggiunge tormenti nella testa di un allenatore che in pochi mesi ha perso gran parte della carica positiva con cui era tornato a Trigoria.

Il De Rossi di oggi sembra già la controfigura del giovane tecnico brillante, pieno di idee e con l’atteggiamento ultra positivo che aveva accompagnato il suo esordio, permettendogli di cancellare in poche partite la nostalgia di molti per l’addio di Mourinho. L’allenatore sembra aver smarrito un’idea chiara della Roma che vorrebbe, costretto a cambiarla e ricambiarla senza ancora trovare una vera base su cui insistere e lavorare. Una squadra che è ancora in piena costruzione senza avere il tempo per farlo, mentre le altre candidate alla Champions appaiono tutte più solide e si stanno già allontanando in classifica.

Che senso ha utilizzare El Shaarawy a tutta fascia a destra? Perché giocare con la difesa a tre non avendola testata quasi mai durante l’estate? È giusto rinunciare completamente a Soulè vista la condizione degli altri attaccanti? Interrogativi che probabilmente non sarebbero scattati se la Roma non si fosse suicidata nell’ultimo assalto del Genoa a Marassi e se, magari, Giua fosse stato aiutato dalla Var a correggere i suoi errori. Ma nascondere i problemi non è mai una soluzione.

In tutto questo fa sempre più rumore il silenzio assordante della società. La Roma è l’unica squadra italiana in cui l’allenatore è l’unico a parlare, prima e dopo le partite. A ritrovarsi a spiegare perché un giocatore è stato messo fuori rosa. A dover decidere se sia il caso o meno di parlare di arbitri. Su Zalewski, per la prima volta, De Rossi ha iniziato a tutelarsi rigirando la domanda ai dirigenti. Un’auto protezione necessaria per non rischiare di vedere avverata la “profezia” di Totti: De Rossi parafulmine di un club tanto ricco quanto assente e destinato a pagare il conto intero dell’ennesimo fallimento.

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